Ambigui, misteriosi, carichi di un arcano simbolismo, gli undici racconti di «Occhi di cane azzurro» rappresentano i primi riuscitissimi tentativi di Gabriel García Márquez di dar vita a un universo letterario nel quale il realismo delle cose quotidiane si mescola con le atmosfere della magia. Già nei primi testi di questo volume il mondo della quotidianità risulta stravolto dall'intrusione di elementi fiabeschi e surrealmente macabri, spiazzanti allegorie di duplicazione e di morte nate dalle nevrosi e dalla solitudine, mentre negli ultimi racconti, tra i quali il «Monologo di Isabel mentre vede piovere su Macondo», vero e proprio atto fondativo della città che verrà poi cantata in «Cent'anni di solitudine», lo spazio fantastico giunge a prendere definitivamente il sopravvento.
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