Anche se la questione ha radici lontane, che affondano nell'"affaire" Dreyfus che negli anni a cavallo tra Otto e Novecento divise la cultura francese ed europea in due schieramenti inconciliabili, "Il tradimento dei chierici" (1927) resta uno dei testi seminali sul ruolo (e l'autonomia) degli intellettuali: un libro che mette il sale della polemica su ferite tuttora aperte. Contro la crescente barbarie delle società occidentali e il loro impoverimento culturale (la subordinazione del pensiero agli interessi del capitale), Benda difende un ruolo dell'intellettuale "custode di valori" al sevizio di universali come la ragione, la verità, la giustizia. I "traditori" contro i quali si scaglia sono gli sciovinisti, i razzisti, i fascisti di ogni gradazione. Ma anche i rappresentanti di quella corporazione intellettuale che fa politica al riparo dalla sua supposta superiorità e imparzialità, i servi di ogni regime o ideologia, anche quando mossi delle migliori intenzioni. Con la prefazione di Davide Cadeddu.
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