Giù la piazza non c'è nessuno - Brossura

9788874622603: Giù la piazza non c'è nessuno

Sinossi

"Alla Ginzburg sono sempre stata, sono e continuerò ad essere, gratissima. Lei ha sempre amato questo lihro, con quelle manomissioni voleva renderlo più accessibile. Lei rendeva più intellegibile il mio modo di scrivere; ma io preferivo tenermi i miei difetti. Avevamo ragione tutte e due". Sono alcune righe scritte da Dolores Prato nel 1980, in risposta a un articolo in cui veniva definita "rabbiosa" nei confronti di Natalia Ginzburg. Alle spalle di questa precisazione c'è una vicenda editoriale divenuta pubblica: le oltre millecinquecento cartelle del romanzo consegnate nel 1979 dall'ottantenne Dolores Prato a Natalia Ginzburg, vennero ridotte a sole trecento pagine. L'autrice, scontenta dell'edizione parziale, continuò a rivedere il testo e preparò un nuovo dattiloscritto, il quale venne pubblicato nel 1997 da Giorgio Zampa, e che viene qui pubblicato. Un'infanzia primonovecentesca trascorsa ai bordi d'Italia, insieme a oggetti e parole disperse, a uno zio mezzo prete, mezzo pittore, mezzo alchimista e a una zia nubile dalle strane acconciature. La bambina che guida la penna della vegliarda non ha mai saputo perché ha una madre che non si comporta da madre, essendo tale funzione esercitata da una zia che all'ufficio materno mal s'adatta. Lo zio fa da padre, manifestando un amore quieto e misterioso per la piccola che gli cresce accanto scostante, chiusa, restia a chiedere come e perché venisse allevata da quasi estranei...

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Dalla seconda/terza di copertina

A base del lavoro sta una serie smisurata di appunti e brogliacci accumulati dall’autrice nel corso di tutta la vita. La forma prescelta è quella della «lassa» narrativa: una serie di tessere che mimano l’andamento divagante, occasionale degli appunti, ma s’incastrano l’un l’altra grazie a sottili riprese. La prosa così dimessa, feriale, aperta alle vivide suggestioni del parlato, è il risultato di una testarda disarticolazione delle strutture retoriche della tradizione italiana, quei «ponti levatoi mai abbassati», quei «miei difetti» a cui Dolores Prato non fu mai disposta a rinunciare.  Come leggere questo libro autenticamente fine secolo, questo capolavoro a rischio di oblio? Esso non è nato dal proposito di creare un organismo narrativo, di compiere «l’opera»; non è letteratura da azienda editoriale o da laboratorio universitario; meno che mai vuole riuscire gradito a chi guarda volentieri all’indietro o agli analisti del presente. Forse il modo appropriato per intenderlo, come annotava Giorgio Zampa, è considerarlo l’avvio di un’istruttoria contro ignoti. Nessuna commiserazione nei propri confronti, nei confronti di un’esistenza di reietta, di creatura venuta al mondo contro il volere del mondo, ma giudizi asciutti, magari duri, spesso ironici, su persone vicine; e dichiarazioni di amore illimitato. Se si volesse arrivare ad ogni costo a una definizione prossima alle motivazioni profonde della scrittrice, si potrebbe parlare di uno sterminato soliloquio, destinato a rimanere inascoltato.

Dalla quarta di copertina

«Sono nata sotto un tavolino. Mi ci ero nascosta perché il portone aveva sbattuto, dunque lo zio rientrava. Lo zio aveva detto: “Rimandala a sua madre, non vedi che ci muore in casa?”. Ambiente non c’era intorno, visi neppure, solo quella voce. Madre, muore, nessun significato, ma rimandala sì, rimandala voleva dire mettila fuori della porta. Rimandala voleva dire mettermi fuori del portone e richiuderlo.» – Dolores Prato

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  • EditoreQuodlibet
  • Data di pubblicazione2009
  • ISBN 10 8874622600
  • ISBN 13 9788874622603
  • RilegaturaCopertina flessibile
  • LinguaItaliano
  • Numero di pagine738
  • RedattoreZampa G.

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Casa editrice: Quodlibet, 2016
Brossura

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Foto dell'editore

Prato, Dolores
Editore: Quodlibet, 2009
ISBN 10: 8874622600 ISBN 13: 9788874622603
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Da: Genesis Books, Fonte Nuova, RM, Italia

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